Dopo essersi dedicati integralmente al repertorio di Moondog, gli Hobocombo, concerto dopo concerto, sono cresciuti e hanno dato vita a un suono più orchestrale e variopinto (“The Magnetic Sound of Hobocombo”, appunto), che ha alimentato la voglia di comporre brani originali e di inserire deviazioni (“East Timor” di Robert Wyatt) per approdare alla scaletta definitiva dell’album.Il disco che ne è scaturito è una riflessione sull’esotico che è “immaginazione” (i mondi possibili, una mitologia possibile) e che disegna luoghi lontani e fantastici, ancorato però a terra dai field recordings (uniti ai synth).
Luoghi reali, come Timor Est appunto (o Berlino, Bologna, i monti Lessini, dove il disco è stato registrato e mixato), ma anche luoghi immaginari, con lo spirito di Salgari che (pur documentatissimo) scriveva delle Tigri di Mompracem senza aver mai messo piede fuori dalla pianura padana o quello di Joe Meek che registrava “I Hear a New World: an outer space music fantasy” manipolando la tecnologia del 1959 per (ri?)produrre il suono di altri pianeti.
E quindi in “The Magnetic Sound of Hobocombo” si possono sfiorare tessuti wax africani, è possibile partecipare a cerimonie di nativi americani, danze propiziatorie per invocare il sole e mitologie e riti esistenti o (più spesso) d’invenzione; vi sono strumenti del folklore italiano e invenzioni sonore moondoghiane (come la trimba), mascheroni africani, surreali palme su laghi ghiacciati, cavi e patch di sintetizzatori analogici da collegare e annodare.
Codice disco: TRB P 010 - Collana: Parade
Data di uscita: 11 Novembre 2013